La casa è avvolta da un silenzio assordante,
un’atmosfera surreale che ho imparato a riconoscere nei miei anni di vita con
Pietro. Anche se non ne fossi a conoscenza riuscirei in pochi istanti a capire
che quell’immobilità segna il momento in cui tutto deve necessariamente
aspettare, non esiste urgenza o emergenza, telefono che squilla o email da
controllare: sta per iniziare una partita (verosimilmente della Juve o della
Nazionale) e non c’è spazio per nient’altro nella sfera delle attenzioni di mio
marito.
Ricordo come fosse ieri la routine scaramantica degli
Europei (nel modo in cui amichevolmente si è soliti chiamare il Campionato
Europeo di Calcio organizzato dalla UEFA) dell’ormai lontano 2008. È stato il
primo evento calcistico internazionale seguito insieme, all’epoca ero una
giovane studentessa che non immaginava a cosa avrebbe assistito in quelle
caldissime settimane di Giugno. La mattina del giorno in cui si sarebbe
disputata la prima partita dell’Italia, il mio allora fidanzato, Pietro
distrattamente mi avvisò che nel pomeriggio sarebbero arrivati alcuni suoi
amici per vedere la partita con noi. L’uso della parola “pomeriggio” mi fece
pensare a un banale errore nella definizione temporale degli eventi, auto-rassicurazione
che venne prontamente smentita al primo trillo del citofono alle ore 15 in
punto. Da quel momento in poi i ricordi sono vaghi: tanti ragazzi iniziavano a
stazionare sul nostro divano, sul parquet o sui cuscini, ognuno di loro aveva
portato qualcosa da mangiare e carinamente mi salutava prima di dileguarsi in
soggiorno, dove Pietro aspettava tutti con la Play Station accesa.
L’immagine di quella gioventù seduta a giocare
animatamente a Pro Evolution Soccer fino al calcio d’inizio della vera partita
si è riproposta per tutto il campionato, inesorabilmente, come fosse un rito
propiziatorio, l’unico iter da seguire per augurare alla nostra nazionale
vittoria certa. La memoria storica ci ricorda che le cose non andarono proprio
benissimo, ma dal quel lontano 2008 ho imparato a conoscere un po’ meglio le
manie di Pietro e dei suoi amici, correndo ai ripari con largo anticipo.
Oggi è tutto cambiato, abbiamo una bambina e Pietro
una Trattoria, le partite di questi Europei 2016 disputate fino ad ora mi hanno
voluta con gli amici e Lavinia a vedere il primo match e tutti insieme in un
caldo pomeriggio a soffrire fino a quel gol di Éder all’ 88° per il secondo
appuntamento. Mio marito non gioca più alla PlayStation e i riti di quei
ragazzi diventati uomini e padri sono decisamente cambiati. C’è una costante,
però, che non è stata abbandonata, ma al contrario potremmo dire essersi
“perfezionata”: il desiderio di seguire le azioni di gioco bevendo una fresca
Coca-Cola e mangiando del buon cibo.
Un tempo investivo ore e passione a impastare e
sfornare focacce fragranti, in questo Giugno di pioggia, invece, ho a malapena
il tempo di scegliere da quale ristorante ordinare la cena per tutti, approfittando
della puntualità e dell’ottimo servizio offerto da Deliveroo Italia. Per chi
vive a Milano è diventata ormai un’istituzione: nata come start up in
Inghilterra è approdata nel nostro paese lo scorso anno e offre un servizio
apprezzatissimo dagli amanti della buona cucina. Ordinando attraverso un’applicazione
sul proprio smartphone è possibile scegliere cosa mangiare direttamente dai ristoranti
preferiti, anche da quelli che notoriamente non contemplano la consegna a
domicilio; saranno poi i ragazzi di Deliveroo a prelevare l’ordine e portarlo a
casa con l’aggiunta di un piccolo sovrapprezzo, sempre rispettando in modo
maniacale l’orario previsto per la consegna.
Per la partita Italia-Irlanda abbiamo scelto, dopo un
breve e poco democratico sondaggio via email tra me e Pietro (ho scelto tutto
io), cosa ordinare da Greens & Grains, un healty fast food che ci rassicura
sulla qualità del cibo e sul fatto che, superati i 30 anni, non siamo più in
grado di guardare una partita in TV senza essere consapevoli che a far alzare la pressione ci affidiamo allo spirito agonistico che ci portiamo geneticamente dietro.