Nel corso di questi ultimi sette anni il blog è diventato pian piano parte del nostro lavoro, realizziamo ricette e contenuti editoriali per aziende di cui apprezziamo i prodotti e condividiamo i progetti. All’inizio, come tutte le cose che nascono meravigliosamente un po’ per caso, non abbiamo realmente capito la forza comunicativa di tutto ciò, poi sono arrivati i contratti, le condizioni, le esclusive e i report a farci comprendere che facciamo parte di un sistema più complesso e ben strutturato che prende il nome di pubblicità. Non c’è stato un solo momento in cui abbiamo pensato che potesse essere un male, su singerfood.come sui nostri social network potete trovare contenuti spontanei (la maggior parte) e altri che fanno parte di un piano editoriale, ma in entrambi i casi c’è alla base la sana consapevolezza di voler raccontare solo quello che noi crediamo essere “buono, utile, raccomandabile”.
Quest’ultimo aspetto è alla base di un patto non scritto stipulato con chi ci legge e segue da tanto, quelle stesse persone che ogni giorno ci scrivono e apprezzano l’identità che abbiamo immaginato e costruito per il blog. Un po’ per loro e un po’ per noi cerchiamo di essere coerenti, di rifiutare i lavori con aziende di cui non compreremmo i prodotti o i servizi, soprattutto perché sarebbe difficile se non impossibile raccontare di qualcosa che non conosciamo realmente o che non apprezziamo. Su singerfood non sono un copywriter né un ghostwriter, la nostra identità è nota o facilmente rintracciabile ed è importante non perdere mai di vista questo aspetto per non fare la fine di Laura Linney in “The Truman Show” con i prodotti da cucina.
Quindi come ci si deve comportare? Cosa è necessario fare?
Da un paio d’anni a questa parte abbiamo iniziato a seguire il buon senso e quello che poco ci veniva richiesto, indichiamo quando un post è sponsorizzato, ossia quando è frutto di una collaborazione retribuita con un brand. Lo abbiamo fatto con serenità e ci siamo resi conto che non ha mai influito o danneggiato l’apprezzamento dei contenuti o la bontà di quello che stavamo facendo. Fino a poco tempo fa pensavo andasse tutto bene e che alla fine l’unica cosa importante fosse non danneggiare il rapporto di fiducia con i lettori; poi Sabato scorso sono intervenuta al Convegno DOOF (nato da un’idea del giornalista mascherato Valerio Visintin) per parlare in qualità di blogger in “Social Food – Le aziende hanno ridotto gli investimenti sull’editoria tradizionale, in crisi di idee e di credibilità. Ma ora furoreggiano le réclame mascherate di foodblogger e influencer”. Ho accettato di partecipare nonostante già l’abstract mi avesse fatto presagire aria di tempesta contro la categoria, ma quando non si ha nulla da nascondere e si è in buona fede è sempre importante far valere le proprie ragioni. Avevo presagito male per fortuna, il confronto è stato sereno e costruttivo e sono qui a scrivervi proprio per questo motivo. Insieme a me c’erano Gabriele Ancona di italiaatavola.net, Samanta Cornaviera di massaiemoderne.com, Paolo Lottero di strutturafine.it, Sonia Peronaci di soniaperonaci.it e Monica Davò, Responsabile del Comitato di Controllo dell’IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria).
La domanda a questo punto nasce spontanea, come direbbe il buon Antonio Lubrano. Sapete chi è e cosa fa lo IAP? Se siete blogger o influencer dovreste e se siete solo lettori sarebbe meglio ne foste edotti, in ogni caso tranquilli: non ne avevo un’idea ben chiara neanch’io; vi dico solo che all’inizio pensavo fosse la sigla di Imprenditore Agricolo Professionale che avevo incontrato durante l’esame di Diritto Commerciale.
Cercherò di essere sintetica e chiara, è importantissimo comprendere bene alcuni aspetti; per farlo è necessario ci sia una premessa perché sono sicura che, giustamente, non tutti hanno gli strumenti per capire cosa sia l’autonomia funzionale, l’autodisciplina e il giurì.
L’Autodisciplina è un fenomeno per il quale tanti soggetti decidono di sottomettersi a regole di comportamento comuni e a norme coercitive finalizzate al rispetto di queste ultime, spinti dalla necessità di conformare il proprio comportamento a regole di correttezza. In definitiva se il legislatore non ha previsto norme specifiche sono gli stessi soggetti a elaborarne di valide per evitare che regni l’anarchia. In Italia uno dei casi, se non IL caso, maggiormente significativo è proprio quello dello IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria), un’associazione riconosciuta dal 1966 che si prefigge come scopo quello di tutelare consumatori e imprese attraverso una “comunicazione commerciale onesta, veritiera e corretta” che deve essere rispettata attenendosi alle norme del “Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale”, composto da 46 articoli. Il meccanismo è proprio quello dell’autoregolamentazione e il codice è vincolante per “ aziende che investono in comunicazione, agenzie, consulenti, mezzi di diffusione, concessionarie e per tutti coloro che lo abbiano accettato tramite la propria associazione o mediante la conclusione di un contratto di inserzione pubblicitaria”.
A questo punto è necessario un rullo di tamburi perché il “Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale” è vincolante anche per noi blogger, per gli influencer, per i vlogger e le celebrity. Questi soggetti si interfacciano con un pubblico composto dai loro follower ed è fondamentale che in tutti i casi in cui un endorsement realizzi una forma di comunicazione commerciale siano applicate le disposizioni del codice relative al principio di trasparenza e riconoscibilità.
Riassumendo: è obbligatorio dichiarare quando un post blog o un contenuto sui social è frutto di una collaborazione retribuita o di uno scambio prodotto. Lo IAP indica alcune modalità da utilizzare per farlo (ad esempio la dicitura che si tratta di un “Post sponsorizzato da XY” inserita all’inizio dello stesso in modo chiaro). É stato comunicato che nelle prossime settimane la sezione “Digital Chart” del loro sito si arricchirà di più dettagli e spiegazioni. L’Istituto da più di cinquant’anni si interfaccia con canali di comunicazione quali la televisione, la radio, la stampa e ora deve far fronte anche a noi, a chi lavora sul web, in perenne evoluzione. Le pagine “Celebrity –Influencer – Blogger” & “User generated content” sono quelle che vi suggerisco di leggere con maggiore attenzione, facendole diventare spunto di riflessione su quale sia la formula migliore per dichiarare sempre l’origine del contenuto su social network e blog.
Una domanda legittima a questo punto potrebbe essere: ma cosa succede se non lo faccio?
D’altronde quasi nessuno di noi ha mai firmato qualcosa o aderito formalmente all’associazione. È vero, ma pare vi abbia aderito il 90% delle agenzie e delle aziende con le quali tutti collaboriamo, che si sono impegnate “alla correttezza della comunicazione commerciale per l’interesse generale”. Quindi se un food blogger non dichiara all’inizio di un post in cui si racconta la realizzazione di una ricetta preparata con l’ingrediente XY che si tratta di “Post in collaborazione con/sponsorizzato…” viola l’articolo 7 del Codice, che prescrive il principio della trasparenza nelle comunicazioni pubblicitarie, assicurando la distinzione sostanziale tra la comunicazione pubblicitaria e il contenuto editoriale. L’obiettivo, com’è facilmente intuibile, è quello di permettere al lettore di riconoscere la natura del messaggio promozionale in modo immediato, prima che inizi a leggere (per questo è importante che l’indicazione sia all’inizio del post). Stesso principio alla base dell’indicazione chiara fatta nei social post, dove si deve specificare se si tratta di “advertising”. Sulle modalità da utilizzare per quest’ambito ci sono delle esemplificazioni sul sito dello IAP, ma si attendono ulteriori aggiornamenti.
Nell’eventualità in cui si sia incorsi nel caso descritto sopra potrebbe arrivare al blogger o all’influencer (come già è successo a tantissimi di noi) una comunicazione da parte del Comitato di Controllo dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, che è l’organo indipendente a cui spetta il potere di azione in caso si trasgredisca il Codice. È una sorta di “pubblico ministero” che tutela l’interesse dei consumatori, ossia di tutti noi, che in questa duplice veste abbiamo il diritto di segnalare direttamente i casi in cui pensiamo non vengano rispettate le norme e nello specifico quando la pubblicità non venga riconosciuta come tale in modo esplicito. Recapitata la comunicazione è necessario attenersi alle indicazioni prescritte se non si vuole essere costretti ad eliminare interamente il post o il contento social.
L’Istituto di Autocontrollo Pubblicitario, i suoi organi (il Comitato di Controllo e il Giurì, che è un giudice privato) e il Codice di Autodisciplina nascono in un contesto privato fino ad essere accolti a pieno titolo nella nostra giurisdizione, come soggetti autorevoli e norme e pronunce del Giurì tenute in considerazione in diverse sentenze della Corte di Cassazione.
Sarà difficile riuscire a essere inattaccabili nell’immediato, ma ci possiamo provare. Sono la prima ad avvertire un senso di fatica al sol pensiero di riprendere e analizzare ogni singolo post pubblicato in questi sette anni di singerfood.com, per controllare ci sia la precisa indicazione a tutti i post che abbiamo prodotto in collaborazione con le aziende, soprattutto all’inizio di questa avventura, quando ignoravamo tutto ciò. Sarà un lungo lavoro, ma ci tocca farlo. Le cose stanno cambiando, la Responsabile del Comitato di Controllo è stata chiara durante il Convegno DOOF: i consumatori sono sempre più attenti e aumentano le segnalazioni, loro stanno concentrando le risorse con maggiore attenzione al web e il fine è quello di far conoscere a tutti l’esistenza e il dovere di rispettare il Codice di Autoregolamentazione Pubblicitaria.
Se siete arrivati a leggere fin qui vi ringrazio, spero di essere stata chiara, intraprendendo un’impresa ardua in questa occasione in cui la materia giuridica rendeva tutto un po’ ostico. Sono più a mio agio quando scrivo di “frise sponzate” e orecchiette.
La conclusione a cui siamo giunti io e Pietro è che abbiamo una grande responsabilità nei confronti di chi ci legge, che apprezza le ricette e quello che scriviamo a prescindere da tutto, che pian piano ha imparato a conoscerci capendo che non troverà mai su questo blog un post di prodotti o consigli che non condividiamo realmente. È giusto che sappia sempre se si tratta di un post sponsorizzato o meno. Abbiate pazienza se in qualcosa abbiamo peccato, siamo umani anche noi e nelle prossime settimane sarà on line un “nuovo singerfood.com” e lì sì, non avremo più scuse.
[Se siete degli acquirenti compulsivi di follower “finti” potete teoricamente ignorare questo post, l’aspetto positivo di questa pratica commerciale ormai usuale è che non ci saranno veri consumatori lesi dai vostri contenuti sponsorizzati non dichiarati. Su quello che potrebbe succedervi legalmente, invece, ne parliamo un’altra volta]
Per chi volesse rivedere l’intervento integrale di Doof può farlo cliccando qui.