Questa edizione di Identità Golose, giunta a spegnere le candeline del suo tredicesimo compleanno, è stata per me e Pietro un po’ speciale. L’ultima volta che abbiamo partecipato correva l’anno 2014, ero incinta di poche settimane e combattevo con la nausea e l’impossibilità di assaggiare i tanti piatti di cui ascoltavo e seguivo attentamente la preparazione. È stato l’anno in cui ho intervistato tanti chef, blogger e appassionati che orbitavano intorno allo stand di Birra Moretti per #ILoveBeer, mi sono divertita a realizzare video e a scoprire i segreti di numerosi professionisti del meraviglioso mondo dell’alta cucina.
La scorsa settimana siamo riusciti ad incastrare impegni e scadenze trascorrendo solo poche ore all’atteso appuntamento annuale, abbiamo dovuto scegliere quale intervento seguire e devo ammettere con sincerità che non ho avuto dubbi quando mi sono ritrovata davanti il programma del 2017. Per la prima volta il palco sarebbe stato tutto suo, ero sicura che avrebbe raccontato della mia (nostra) terra con la stessa passione che dedica alla preparazione dei suoi piatti: lui è Angelo Sabatelli e per noi è stato un immenso piacere ascoltarlo e osservare i gesti sicuri mentre preparava alcuni piatti che lo hanno reso celebre.
Questo mese di Marzo è per il famoso chef pugliese un momento storico importante, non solo per aver partecipato a Identità Golose, ma anche perché a breve aprirà il suo nuovo ristorante a Putignano, una nuova avventura imprenditoriale dopo la chiusura della storica location di Monopoli, quella Masseria Spina dove nel 2013 è arrivata la stella Michelin. Proprio la scorsa estate abbiamo cenato da lui, felici di averlo fatto nell’ultima stagione prima del trasferimento, quando ancora la notizia non era ufficiale. Dalla calce bianca delle costruzioni pugliesi al palco di IG come relatore, con gli occhi che brillavano di entusiasmo mentre con novizia di particolari raccontava come preparare la “Seppia, allievo, mandorla e limone“, uno dei piatti iconici della sua cucina.
Il giornalista Andrea Cuomo, accanto a lui sul palco, ha raccontato brevemente il percorso professionale dello Chef Sabatelli, lo ha fatto ponendo l’attenzione su momenti importanti della sua formazione, sugli anni trascorsi in Oriente, fondamentali per la pratica acquisita e per le nozioni tecniche ancora oggi poco conosciute in Occidente, che rendono i piatti dello chef apparentemente semplici ed essenziali. Una convinzione, però, ha sempre sostenuto con fermezza: l’essenzialità degli ingredienti in ogni ricetta, tre grandi materie prime a cui aggiungere sale e olio o in alcuni casi la salsa di soia, che dona complessità al piatto senza alterarne il sapore originario.
Anche in questo caso il bellissimo piatto (e posso assicurarvi anche buonissimo, dopo averlo assaggiato la scorsa estate) si concentra solo sull’allievo, sul limone e sulle mandorle di Toritto, comune della città metropolitana del capoluogo di regione del nostro “stivale”. Il piccolo mollusco è simbolo della cucina barese, la sua carne tenera e gustosa lo ha fatto diventare ricercato anche tra i tantissimi turisti che ogni anno giungono in Puglia. É servito quasi sempre crudo e spesso accompagnato dai fegatini in una sorta di street food; sul palco di Identità Golose la lavorazione della carne è stata decisamente più complessa. Si procede frullandola e setacciandola, per eliminare le fibre e ottenere una polpa perfetta per essere stesa e adagiata sul piatto come fosse un leggerissimo velo di seta. Osservare l’impiattamento è stato come concentrarsi su una veloce danza, che si è conclusa con una spolverata di “liquirizia di mare”, come l’ha definita Sabatelli: nero di seppia, alghe e ricci di mare per aggiungere un’intensa nota sapida ad un piatto simbolo della cucina di mare.
Dalla complessità di questo piatto alla semplicità della tradizione. Pochi minuti e abbiamo assistito alla preparazione di un classico, che ci è stato fatto assaggiare suscitando infinita riconoscenza. Le fave con la cicoria e il pane raffermo, il sapore che tante volte abbiamo ritrovato durante i pranzi e le cene in famiglia impreziosito dalle ostriche tarantine e dal katsuobushi, eteree sfoglie di tonno essiccato, fermentato e affumicato che a contatto con il calore iniziano ad ondeggiare magicamente. Ancora una volta un tocco di Oriente, un ingrediente importantissimo nella cucina giapponese che ha reso unico un piatto della tradizione pugliese. É proprio questo che ho portato a casa, la consapevolezza di quanto le contaminazioni nell’alta cucina siano importanti per risvegliare una percezione del gusto a volte sopita, ma desiderosa di essere risvegliata.