Expo è terminato il 31 Ottobre, gli ultimi sei mesi sono stati per Milano, la città in cui viviamo, un concentrato di eventi, manifestazioni e convegni; occasioni importanti per scoprire e approfondire le questioni legate al cibo e all’alimentazione. Si è discusso a lungo su come il mondo del “food & wine” sia diventato una costante nei più svariati ambiti da almeno cinque anni a questa parte; spesso se ne parla troppo e a volte senza avere conoscenze adeguate, soprattutto quando si affrontano temi legati alla sana alimentazione e alla salute. È proprio questo uno dei motivi che ha alimentato il mio entusiasmo per Expo 2015, sapevo che in qualche modo sarebbe stata un’ottima opportunità per veicolare concetti importanti e avvicinare tutti a una corretta informazione. Oggi ne sono ancora più convinta, nonostante le critiche e i problemi che inevitabilmente si sono dovuti affrontare.
Vi voglio raccontare di una delle giornate più costruttive e piacevoli trascorse a Expo, una mattina al “MI 2015”, il Caseificio Grana Padano sorto all’interno di Cascina Triulza, uno di quei luoghi pensati e realizzati con il cuore. È piccolo e preziosissimo, è l’esatta riproduzione dei tanti caseifici dove si produce il formaggio dop più consumato al mondo. Tutti i visitatori dell’Esposizione Universale hanno potuto assistere alle fasi di lavorazione che portano ad avere il Grana Padano sulle nostre tavole, in questo specifico caso Made in Expo. Da una parte la valenza didattica e dall’altra lo spirito benefico dell’iniziativa: le due forme di Grana Padano prodotte giornalmente in questi mesi, rispettando con rigore il disciplinare di produzione in tutti gli step di lavorazione, saranno vendute all’asta. L’intero ricavato (da cui è stato dedotto solo il costo del latte) sarà devoluto all’Ospedale Pediatrico NPH Saint Damien di Haiti grazie alla Fondazione Rava NPH Italia Onlus, un piccolo grande gesto per aiutare i bambini del luogo affetti da problemi metabolici.
Grana Padano al Caseificio "MI 2015" – Expo 2015 |
L’impegno del Consorzio del Grana Padano nella diffusione della cultura di un’alimentazione sana ed equilibrata non si limita, però, al grande lavoro fatto durante Expo, ma continua con un’importante iniziativa: la Dieta del Grana Padano, un regime alimentare ipocalorico bilanciato per perdere peso e guadagnare salute, nel pieno rispetto della tradizione gastronomica italiana. Da anni il Consorzio è impegnato sul fronte della prevenzione di sovrappeso e obesità con l’aggiornamento del portale “Educazione Nutrizionale Grano Padano”, all’interno del quale è stata inserita la possibilità di partecipare all’iniziativa personalizzata di controllo del peso.
Naturalmente nell’elaborazione delle diete un ruolo da protagonista è riservato proprio al Grana Padano Dop, nato dalla geniale intuizione dei monaci cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle nel 1135, che elaborarono un brillante espediente per conservare l’eccedenza di latte. Da allora si sono evolute le tecniche di produzione, ma l’anima e l’essenza di questo formaggio sono rimaste le stesse. Nel 1996 il Grana Padano ha ottenuto il riconoscimento da parte dell’Unione Europea della Denominazione di Origine Protetta DOP, importante per proteggere e tutelare il consumatore da truffe e contraffazioni. La produzione, infatti, deve seguire scrupolosamente i dettami del disciplinare e deve essere eseguita nella zona di origine individuata.
I casari avvolgono il Grana Padano in un telo di lino |
Le ore trascorse al “MI 2015” mi hanno permesso di osservare da vicino la nascita e la definizione della forma di Grana Padano, facendomi apprendere i segreti di un prodotto d’eccellenza della nostra tradizione. Ci hanno guidato in questo viaggio i sorrisi sinceri e i gesti sicuri di due casari d’eccezione, Giulio e Alberto che alla domanda “Da quando svolgete questo lavoro?” hanno risposto con lo sguardo fiero “Siamo nati in un caseificio”.
Ho seguito tutti i passaggi in religioso silenzio, non volevo perdere un solo dettaglio. Hanno iniziato versando il latte crudo, parzialmente decremato per affioramento naturale, in una caldaia di rame, fedele riproduzione in miniatura di quelle dei grandi centri di produzione. Pian piano hanno aggiunto il siero innesto naturale, riscaldando a 31°-33°, e subito dopo addizionato di caglio di vitello, utile per la coagulazione. È seguita la rottura della cagliata con lo “spino” e la cottura sotto agitazione fino al raggiungimento di una temperatura di 53°-56°.
Il Grana Padano avvolto nella "fascera" |
A questo punto ci è stata richiesta un po’ di pazienza, è necessario che la massa caseosa si depositi sul fondo della caldaia dove dovrà riposare per massimo 70 minuti, rassodandosi e spurgando il siero. Terminato il tempo necessario i casari, con pala di legno, l’hanno sollevata avvolgendola in un telo di lino prima di posarla su un tavolo per essere chiusa in una “fascera”. Terminata la messa in forma l’hanno trasferita in un’altra fascia in plastica per la marchiatura che identificherà luogo e tempo di produzione. Ultimo step utile per far assumere al Grana Padano la classica forma a scalzo convesso e piatti piani è stato l’uso per 24 ore di una fascera di acciaio costellata di fori e bombata. In sequenza i passaggi successivi sarebbero stati: salatura (dai 14 ai 30 giorni), asciugatura e stagionatura da 9 a 20 mesi, con controlli e spostamento di posizione ogni 15 giorni.
Degustazione di Grana Padano |
Ci è stato raccontato di come l’affascinate rituale della produzione termini il nono mese con i controlli che permettono di ottenere il marchio a fuoco simbolo di qualità “sana, leale e mercantile”. E sano è anche l’utilizzo che in cucina ne facciamo, la nostra piccola Lavinia lo adora, non c’è piatto che non venga “valorizzato” da scaglie di Grana Padano e suggellato dal furto di un piccolo tocchetto di forma mentre cuciniamo. È terminato proprio a tavola il nostro viaggio alla scoperta di questa preziosa realtà alimentare italiana, con tanta consapevolezza in più.
Post realizzato in collaborazione con Grana Padano.